Essere Dick Fosbury

Pochi giorni fa si sono chiuse le Universiadi 2019 nella mia Napoli. Undici giorni di sport allo stato puro. Senza tossine mediatiche, prime donne e speculazioni finanziarie di vario genere.

Come nelle Olimpiadi, anche nelle Universiadi l’atletica leggera svolge sempre un ruolo da protagonista con un fascino tutto suo. In un assolato pomeriggio allo Stadio San Paolo, mi sono soffermato sulle prove del salto in alto e, osservando questi ragazzi librarsi nel cielo con la sola forza delle gambe, mi sono ricordato della storia di Dick Fosbury.

Il mio nome è Fosbury, Dick Fosbury

Americano dell’Oregon, Dick Fosbury aveva ventuno anni quando partecipò alla finale di salto in alto alle Olimpiadi di Città del Messico il 20 ottobre del 1968. Aveva praticato questa disciplina sempre con tanto impegno, senza raggiungere, tuttavia, alcun risultato eclatante. Almeno fino a quel giorno.

Il raggiungimento della finale era per molti già un risultato soddisfacente che andava oltre le più rosee aspettative. Lo stesso Fosbury sapeva che sarebbe stata durissima competere per il podio contro i potentissimi sovietici Skvortsov e Gavrilov ed i connazionali Caruthers e Brown.

Per molti la sua presenza a quella finale olimpica rischiava di passare del tutto inosservata. Ma non fu così.

Fosbury realizzò che per ottenere qualcosa di buono da quell’evento bisognava andare oltre. Era necessario rischiare.

Lo famo strano?

Da qualche tempo stava lavorando ad un tipo di salto diverso. Scartato il salto ventrale comunemente in uso ed abbandonato quello “a forbice”, aveva cominciato ad allenarsi nel praticare un insolito salto di schiena. Combinato ad una lunga rincorsa curvilinea, questo nuovo modo di balzare avrebbe garantito maggiore spinta nel momento dello stacco con conseguente aumento dell’elevazione.

Noncurante dello scetticismo e dell’ilarità generale, difese strenuamente quel suo “strano” modo di saltare. Era uno stile che lo faceva sentire a proprio agio, rendendolo consapevole di poter ottenere risultati nettamente migliori rispetto ai suoi competitor.

La finale era il momento ideale per raccogliere i frutti di tanta pratica. I primi due tentativi non andarono a buon fine. Ma il fallimento non fermò Dick. Il terzo ed ultimo salto dorsale lo elevò fino a 2,24 metri. Nuovo record olimpico e medaglia d’oro sul collo.

Nonostante i diversi tentativi americani di celare al mondo l’innovativa tecnica di Fosbury, il salto “di schiena” è diventato in breve tempo lo standard mondiale per questa disciplina. Oggi tutti saltano con il “Fosbury Flop”.

Cerca alternative per migliorarti

L’insegnamento più grande di tutta questa bella storia è che non bisogna mai fermarsi di cercare un modo migliore nell’affrontare le cose. Se tutti fanno la stessa cosa nello stesso modo, non vuol dire non ci possa essere una via alternativa magari più proficua. Adeguarsi a schemi prefissati in maniera passiva può rappresentare un freno durissimo per il tuo personal branding.

Cerca sempre di andare oltre. Immagina quello che proponi (o che vendi) in un’ottica nuova. Mutevole. Presentalo in maniera differente con nuove strategie e metodi alternativi. Non è necessario impazzire dietro formule matematiche o complicati algoritmi. Attingi ai tuoi talenti. Eleva a sistema quello che sai fare meglio.

Tenta di essere Dick Fosbury. Credi fermamente nelle tue idee e lavora con ciò che ti permette di distinguerti in maniera vincente. Preparati al meglio per il tuo salto. E non temere di farti male, ad attutire il colpo c’è sempre un soffice materasso.

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