La dittatura del personal branding

Il personal branding è una “dittatura”. Un regime autoritario fatto di ferrea disciplina e controllo severo.

Se decidi di avviare un percorso di personal branding finalizzato all’allineamento della tua percezione con i tuoi valori caratterizzanti devi prenderne atto. Non c’è spazio per anarchia e libertà.
Accettare la “dittatura” del personal branding significa entrare in una logica di idee dove, consentimi la brutalità, non tutto ti è concesso.

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La triade infiammabile

Dovrai ponderare bene i tuoi comportamenti. Nella vita reale e soprattutto in quella virtuale. Già, perché il “web non dimentica” e tutto quello che pubblichi, un giorno, potrà essere usato contro di te. Può quindi risultare utile “auto censurarsi” su una serie di tematiche pericolose per la tua reputazione.
Da tempo consiglio a chi vuole gestire il proprio brand di evitare sui social argomenti scomodi. Temi “altamente infiammabili”, in grado di incenerire in pochi secondi la tua reputazione. Nello specifico faccio riferimento alla “triade della morte” ovvero:

  1. Argomenti di carattere religioso
  2. Argomenti di carattere politico
  3. Argomenti di carattere calcistico

Non voglio entrare nel merito dei tre punti. Non è necessario. Voglio solo farti riflettere su quanto sia inutile per il tuo brand personale pronunciarsi su queste tematiche. Non portano a nulla, né favoriscono il consolidamento della tua credibilità. Anzi. Sono solo in grado di trascinarti in discussioni pericolose per la tua reputazione. Dibattiti spesso accesi fatti di polemiche e risse verbali che nulla hanno a che fare con il tuo scopo. La “triade infiammabile”, inoltre, contribuirà ad allontanarti da quella parte del tuo pubblico che la pensa diversamente da te. Da quel pubblico che faticosamente hai radunato e “fidelizzato” in anni di duro e costante lavoro.

So già cosa stai pensando: “Ok…ma sulla mia pagina personale posso farlo. Lì parlo di me, non della mia attività”. Mi dispiace deluderti, ma la “dittatura” del personal branding riguarda tutta la tua presenza online. Privata e non. Ci vuole coerenza. Ricordalo sempre.

Non puoi pensare di presentare due immagini estremamente diverse tra sfera “pubblica” e “professionale”. La cosa contribuirebbe a creare una dissonanza nella tua percezione.

Più zen e meno zizzania

La “dittatura” del personal branding avvolge anche il tuo modo di relazionarti con gli altri.
Devi adottare un approccio zen e contare sempre almeno fino a 110 prima di rispondere o entrare in una discussione. E devi essere sempre cortese ed educato. Anche quando il tuo interlocutore meriterebbe di essere preso a selciate sotto le piante dei piedi.
Sarà dura, lo so. Spesso dovrai legarti alla sedia per resistere alla tentazione di dire veramente quello che pensi su eventuali competitor o “esperti” del tuo settore. Non ti sarà concesso criticare apertamente i venditori di “fuffa”, né potrai dire la tua su chi dice cose scontate o banali. Passeresti per un semplice invidioso. Incline alla polemica ed al confronto violento e distruttivo.

Occhio alle fotografie

Capitolo foto. La “dittatura” del personal branding ti proibisce di pubblicare tutte le foto che ti passano per la testa. Cominciando dall’immagine del profilo. Questa deve sempre raffigurare il tuo volto. In ambiti più leggeri, come ad esempio in un profilo personale su Facebook, puoi spaziare con istantanee meno professionali o formali. Ma sempre con il tuo volto in bella mostra.

In ogni caso non sono ammesse immagini “compromettenti” o potenzialmente lesive per la tua reputazione. Nessuno spazio a foto che ti ritraggono brillo, nervoso o che ti riconducono a particolari ideali (politici, religiosi o calcistici per riprendere la “triade infiammabile” citata in apertura). Al bando anche foto con cani, gattini, pose adamitiche e avatar di varia provenienza.
Tieni sempre sotto controllo anche le condivisioni che ti riguardano. Se possono risultare dannose non pubblicarle sul tuo diario.

Meglio abbacchiato che abbacchio

Ci vuole contegno. Se vuoi fare personal branding dovrai evitare eccessive esternazioni relative al tuo stato d’animo. A nessuno interessa sapere se ti sei svegliato con la luna storta, se hai litigato con la tua metà o sei in collera con il mondo intero. Evita anche di pubblicare messaggi (magari con inguardabili sfondi personalizzati) che comprendi solo tu o rivolti ad un singolo interlocutore. I social sono condivisione collettiva, non strumenti di messaggistica personale. Se ti comporti così, risulterai pesante come un piatto di Abbacchio con le patate alle tre di notte.

Scegli il tuo lato migliore

La dittatura del personal branding è un “sistema totalitario” votato alla percezione favorevole del tuo personal brand. Ti impone rigide regole comportamentali finalizzate a consolidare una determinata immagine di te negli altri. Non si tratta di non essere sé stessi o mentire, ma semplicemente di decidere quali aspetti della propria personalità mostrare e quali occultare per ottenere una percezione perfettamente allineata con i tuoi valori.

Si tratta di una “dittatura positiva”; un codice comportamentale rigoroso e necessario. Cosa ne pensi allora? Sei favorevole o contrario alla “dittatura” del personal branding? Rispondi di si.
Il dissenso non sarà tollerato 🙂

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